sabato 27 aprile 2013

Una Firenze al peperoncino...

Quel giorno passeggiando a Firenze senza una meta, giunsi in prossimità dello “Spedale degli Innocenti”, in piazza SS. Annunziata. Mi accolse un trionfo di bancarelle, un mercato variopinto e brulicante di gente, tanto che per un attimo rimasi confusa. Mi pareva che in qualche modo l'avessero violata, invadendo ogni spazio con mercanzie di ogni genere.
Ero passata diverse volte da quella grande piazza e mi ero documentata sulla storia dell’Ospedale, ripromettendomi di visitarlo, anche perché comprendeva una chiesa e un museo. In realtà si trattava di un'antica  struttura destinata al ricovero degli orfanelli e delle ragazze madri, sorto su progetto di Filippo Brunelleschi nel 1421. L’istituto fondato e gestito dall'Arte della Seta, “uffizio” incaricato dalla Repubblica fiorentina per la cura dei trovatelli, costituì il primo brefotrofio in Europa. In seguito all'alluvione del 1966, venne interamente ristrutturato. 
Mi piacevano il portico esterno, con le sue nove arcate a tutto sesto, i balconcini fioriti, i tondi in terracotta invetriata bianca e azzurra aggiunti successivamente da Andrea della Robbia che raffiguravano un neonato in fasce, divenuto poi il simbolo dello Spedale.
Non avrei mai pensato di sgomitare per transitare, né di trovare pane, spezie, pizzi, frutta e verdura. Il banco del peperoncino attirò la mia attenzione. Mi avvicinai per curiosare, ce n’era di ogni forma e colore, appeso o  adagiato in cestini e mentre mi apprestavo a sceglierlo, un uomo, alle mie spalle, disse: «Fossi in lei, sceglierei quello, è il migliore».
Mi girai e a quella voce bassa, suadente, corrispose un volto interessante. Lo guardai e lui aggiunse:
«Mi permetta di regalarglielo» e prima che potessi protestare, il ragazzo dietro al banco aveva già confezionato un pacchetto.
«Lo prenda, è un piccolo omaggio alla sua bellezza».
«Grazie, ma non avevo mai ricevuto un regalo simile e per giunta da uno sconosciuto… mi sfugge qualcosa… c’è forse un significato recondito?».
«Certo che sì… »,  ribatté lo sconosciuto.

©2013 Mirella Puccio ~Tutti i diritti riservati

martedì 19 marzo 2013

Esule

Alessandro Baricco* interpreta alla perfezione ciò che sento per Te.
Immagini, odori, suoni, stampati per sempre, in modo indelebile, nel cuore e nei sensi. 
Era quella la felicità, non ho dubbi. 
Lo sapevo e la lontananza l'ha confermato.
Vorrei che non fosse troppo tardi... sì, mi sento come un'esule, lontana da quell'immagine, quel suono, quell'odore, che nel tempo hanno germogliato dentro di me, radicandosi bene. 
E mi sento come un naufrago che arranca su una zattera e le onde spingono alla deriva. 
Vorrei avere un'altra occasione per tornare da Te.
Stavolta non ti lascerò, sarà per sempre.
Ritornerò, Firenze mia.
© 2013 Mirella Puccio

*Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te li togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva.
Alessandro Baricco ~Castelli di Rabbia~